TRA FIGURATIVO ASTRATTO ED INFORMALE
Gennaro J. Calabrese, ricco di fantasia e di capacità pittoriche, ha più volte cambiato genere di pittura, passando dal figurativo all’astratto e viceversa, ma il suo linguaggio resta sostanzialmente inalterato, giacché costanti sono il tono infuocato della sua tavolozza e la lacerante tensione espressiva del suo colore percorso da una continua carica energetica.
La sua pittura informale è ricca di echi ed immagini, che hanno la propria origine nelle occulte profondità dell’inconscio e che perciò è permeata di componenti oniriche.
Dal momento in cui schiaccia il tubetto di colore sulla tela, entra in una condizione intermedia tra veglia e sonno, quasi estasi, affidandosi unicamente all’istinto. Ne scaturisce una sorta di violenta reazione all’astrattismo costruttivista, che si fondava sul valore assoluto della forma, attinge ispirazione e contenuti esclusivamente dall’interno e la sua pittura finisce per diventare un trionfo inconscio del soggetto sull’oggetto. Kandinsky diceva che l’arte è espressione di una necessità interiore.
Ciò non significa isolamento dal mondo, in quanto la realtà concreta che lo circonda, lo preme da vicino, lo stimola e lo attrae incessantemente, si fa voce e gesti, luce e colore, sensazione, vita in fermento che si realizza in atti di furore creativo-liberatorio, in un linguaggio pittorico personalissimo.
In tale processo la sua esperienza del figurativo come forma dell’oggetto, anche se appare ignorata o rigettata, agisce inconsciamente o automaticamente come forza organizzatrice, principio unificatore ed armonizzato re del tutto, scongiurando così il pericolo della disomogeneità e della frammentazione o disgregazione del tutto.
Del resto anche la pittura informale, che apparentemente sembra priva di forme, fuori da ogni logica e da ogni realtà, è anch’essa fatta di forme, le forme delle macchie di colori, tuttavia esse non rappresentano più il mondo esterno o della Natura, ma quello interiore dell’uomo, è espressione e sentimento dell’essere dell’uomo.
L’informale di Gennaro rappresenta una novità in quanto si presenta come sintesi dei suoi due principali indirizzi, quello “gestuale” fondato sulla rapidità del gesto sulla tela, e quello “materico” fondato sulla vitalità, evidenza e consistenza del colore. Il pittore si pone davanti alla tela senza idee o schemi precostituiti, si libera di ogni consapevolezza per approdare ad una condizione inconscia e lasciar parlare gli strati più profondi dell’essere.
La tela è posta su un piano orizzontale per rendere possibile una visione ortogonale e polivalente, come se fosse nello spazio, e perciò si presta ad una visione e ad una diversa interpretazione per ciascun lato. Il colore è semplicemente una macchia, un fondo ora striato, ora uniforme, su cui il segno graffito traccia intricati e strani ghirigori, che sembrano ubbidire unicamente alle leggi della spontaneità e della fantasia inconscia.
Soltanto a posteriori si pone alla ricerca dei possibili significati della propria creazione e in tale campo nascono ambiguità insite nella natura stessa dell’informale, che, superato il condizionamento di fattori estrinseci, celebra la propria libertà espressiva prestandosi a differenti interpretazioni, spesso anche contrapposte. È la stessa ambiguità, cui si prestano la psicanalisi di Sigmund Freud e il dodecafonismo di Arnold Schönberg, in quanto entrambi esplorano la sfera dell’inconscio. Ogni tela è diversa dall’altra, è come un passo di un lungo cammino, che aspira con inalterata purezza al raggiungimento dell’assoluto.
La via, per la quale Gennaro approda ad una pittura informale dopo tanto peregrinare e ricercare, è frutto di un’amara filosofia esistenziale, che pone in crisi tutte le capacità conoscitive dell’uomo. Di conseguenza viene meno la volontà di comporre, di organizzare il quadro in modo tradizionale, segno e colore non hanno più scopi determinati se non quello di alludere confusamente ad un intricato ed indefinito germogliare di vita.
È una poetica senza speranza in un mondo di profondo materialismo, che non gli appartiene, una strada senza uscite, una toccante dolorosa poesia.